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BLOG: STEPHEN KING, SCRITTORE

INTERVISTA A STEPHEN KING

Autore di culto, il suo immaginario spaventoso ha fatto scuola, in letteratura e al cinema. Quasi tutti i suoi romanzi e racconti sono diventati film e serie tv; e il suo immaginario orrorifico ha fatto scuola.

Come è evoluto il tuo modo di scrivere negli anni?

“Ora sono più vecchio, non ho più la resistenza di una volta, ma lavoro ancora tre, quattro ore al giorno, sette giorni su sette, se ho in ballo un romanzo. Quando non lavoro finisco per seguire mia moglie per la casa, fino a quando lei mi dice: ‘Non hai qualcosa da fare?'”.

Descrivimi una tua giornata tipica mentre stai lavorando a un libro.

Mi alzo. Faccio colazione. Cammino per circa tre miglia e mezzo. Torno, vado nel mio studiolo, dove tengo il manoscritto, con l’ultima pagina che mi è piaciuta in cima. Leggo ed è come imboccare una pista di rullaggio. Posso procedere alla revisione e ritornare –click– in quel mondo, qualunque esso sia. Non passo tutto il giorno a scrivere. Posso scrivere delle prime stesure per due ore, poi tornare indietro per rivederne alcune e stampare quello che mi piace, e poi smettere.

È così ogni giorno ?

Ogni giorno, anche nei fine settimana. Un tempo scrivevo di più e più velocemente –ma è l’età. Ti rallenta un po’.

La scrittura è una droga per te ?

Sì, certo. Mi piace. Ed è una delle poche cose ora che prendo meno e ha un maggior effetto. Di solito con droga e alcol, più ne prendi meno fanno effetto, nel tempo. Scrivere è sempre ottimo, ma crea dipendenza, diventa un comportamento ossessivo-compulsivo. Per esempio, lavoro sei mesi alla prima stesura di qualcosa, e poi mi fermo del tutto per dieci, dodici giorni per lasciar decantare il tutto. Ma durante quei giorni faccio ammattire mia moglie, che dice “Togliti di mezzo, esci da casa, vai a fare qualcosa, dipingi una casetta per gli uccelli, qualunque cosa!”

E allora guardo la tv, suono la chitarra, mi dedico a qualcosa, ma quando vado a letto la notte faccio sogni pazzeschi, di solito non molto piacevoli, perché qualunque sia il meccanismo che porta a scrivere storie non vuole fermarsi. Quindi se non va a finire su una pagina deve finire altrove, e ho questi sogni. E sono sempre sogni che si focalizzano su vergogne o insicurezze.

Tipo ?

Quello ricorrente è che io devo recitare su un palcoscenico, vado in teatro, è la sera del debutto e non solo non trovo i miei abiti di scena, ma mi rendo conto che non ho neanche imparato le battute.

Dopo tutti questi anni di successi hai ancora paura del fallimento?

Certo. Ho paura di molte cose, in realtà. Paura di fallire con la storia che sto scrivendo, che non venga come dico io o di non esser capace di finirla.

Pensi che la tua immaginazione sia più attiva della maggior parte delle persone?

Non lo so. È più allenata. Immaginare fa male. Può darti il mal di testa. Forse non fa male fisicamente, ma mentalmente sì. Ma più lo fai, più te ne liberi. Tutti hanno questa capacità, ma non penso che tutti la sviluppino.

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