Ogni Viaggio lo vivi tre volte: quando lo sogni, quando lo vivi e quando lo ricordi
Anonimo
Il viaggio ha avuto, nella storia dell’umanità, innumerevoli significati e anche oggi esso viene vissuto e interpretato dalle persone in modi del tutto diversi.
Può un viaggio rappresentare un’esperienza psicologica favorevole allo sviluppo dell’individuo?
Fin dall’inizio della letteratura di viaggio, si pensò che quest’ultimo ampliasse le conoscenze del viaggiatore attraverso l’osservazione e l’elaborazione delle differenze riscontrate e si ritenne che ciò provocasse una trasformazione qualitativa dello stato intellettuale del viaggiatore stesso.
L’idea che il viaggio potenzi l’intelligenza di chi lo intraprende è antica come Gilgamesh, il quale grazie ai suoi viaggi conobbe i Paesi del mondo, divenne saggio, interpretò misteri inspiegabili fino ad allora.
Strabone elenca coloro che cercano il senso della vita tra quelli che hanno il vizio di «vagare per le montagne» e ripete un’idea che era proverbiale nel primo secolo a.C., quando scriveva: «Gli eroi più saggi furono quelli che visitarono molti luoghi e vagarono per il mondo: i poeti onorano chi ha visto le città e conosciuto la mente degli uomini». E lo stesso Ulisse, per Dante, viaggiò per seguire «virtude e conoscenza».
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Nel ventesimo secolo l’immagine del viaggiatore ha acquistato anche una connotazione sociologica di “estraneo”, una definizione, questa, che contiene ancora quelle caratteristiche cui pensavano gli antichi quando definivano il viaggiatore come “filosofo” e anche quelle idee che all’inizio dell’età moderna portarono all’attribuzione di una particolare dignità al viaggiatore che si comportava come osservatore oggettivo e “descrittore del mondo”.
In virtù della mobilità e della lontananza con cui valuta e giudica, l’”estraneo” può cogliere la generalità dei rapporti indipendentemente dalla situazione locale.
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Le caratteristiche del viaggiatore sono, secondo Rimmel: la libertà, l’oggettività, la generalità e l’astrazione. Il viaggiatore osserva e registra. Egli può descrivere la realtà che osserva e conosce in modo maggiore o minore a seconda del suo livello di cultura. Ma “estraneo” significa anche “straniero” e lo straniero viene visto come estraneo dalla comunità che lo riceve e viceversa, un confronto dal quale possono scaturire conflitti o elementi positivi.
Descrivere esperienze di viaggio non significa però solo fare cronaca di vicende belliche, situazioni politiche, fenomeni sociali o descrivere bellezze artistiche o paesaggistiche, ma anche – ed è una possibilità di tutti i viaggiatori – narrare esperienze personali, raccontare emozioni, svelare se stessi attraverso ciò che il viaggio ha suscitato.
Ed infine si può viaggiare per mettersi alla prova, per sfidare la sorte, per provare l’ebbrezza del rischio, come fanno alcuni viaggiatori che – nonostante le raccomandazioni della Farnesina – viaggiano in luoghi assolutamente sconsigliati per la presenza di importanti situazioni di rischio, come conflitti militari, presenza di predoni, pirati o epidemie in corso.
STAY CURIOUS!
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